Curiosità: Il Monte Monna

Interpretazioni del Monte Monna, dalla forma dialettale locale a quella medioevale

Ràreca Aps 06/04/2021 0

Il Monte Monna, rilievo dei monti Picentini che sovrasta il comune di Castiglione del Genovesi, è alto 1195 metri sul livello del mare e presenta un clima freddo, assai piovoso nel semestre freddo con nevicate abbastanza frequenti dai 900-1000 mt.

Detto comunemente "la Monna", il suo nome deriva dal fatto che la sommità si presenta priva (monda) di vegetazione: in dialetto locale si fa riferimento alla sbucciatura della frutta, che si dice appunto "monnata".

Altra interpretazione del nome “Monna”. Accettiamo e riportiamo di buon grado un’altra interpretazione ovvero quella in base alla quale Monna derivi dalla forma medioevale abbreviata di madonna, nel senso di «signora».

Forma che alla fine del medioevo si usava premettere come titolo al nome proprio. Famosa la Monna Lisa del Giocondo, nome della donna che, secondo la tradizione, è ritratta nel celebre dipinto di Leonardo noto col titolo La Gioconda.

L’espressione si premetteva anche a nomi comuni o ad altri appellativi, formando locuzioni allusive al carattere o all’attività della donna cui erano rivolte: monna vocaboliera (Alfieri, riferito a una donna toscana che gli insegnava a ben parlare).

A supporto di tale tesi è la forma del monte vista dal versante orientale che ricorda il profilo di una signora adagiata nonché la presenza di alcuni terreni posti alle sue pendici i cui nomi richiamano caratteri tipicamente femminili: madrefiglia, mammella, capitiello ecc.

A noi l’ipotesi non dispiace affatto, anzi, che una signora così nobile abbia in custodia nel suo grembo il nostro amato paese è un’immagine poetica e materna che affascina ed intenerisce.

Né ci incuneiamo in meandri linguistico/etimologici che sono campo di azione di specialisti del settore. Ci limitiamo a riportare le diverse interpretazioni nella convinzione che la conoscenza dell’origine dei nomi e delle locuzioni siano elemento ulteriore di amore verso il proprio paese.

 

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Ràreca APS 22/03/2020

L’Antica e misteriosa Abbazia Benedettina del monte Tubenna

Il 21 Marzo era programmata la Giornata del Paesaggio, proprio qui e nel borgo di Castiglione del Genovesi con un itinerario nuovo, diverso, insolito.....ma non mancherà occasione. Presto torneremo a fare #solocosebelle. Forza! Non molliamo #andratuttobene 

L’Antica e misteriosa Abbazia Benedettina di Maria SS. Del monte Tubenna - Castiglione dei Genovesi (SA)

Questa volta desideriamo mostrarvi l’antichissima Abbazia Benedettina di Maria SS. del monte Tubenna che sorge sull’omonimo monte dei picentini e precisamente nel territorio del comune di Castiglione dei Genovesi (SA). Il luogo ove sorge è davvero splendido, la montagna ha un’altezza di circa 834 mt slm e le sue rocce grigie e monolitiche la rendono davvero suggestiva soprattutto alle prime luci dell’alba e al tramonto.

Il panorama è magnifico e spazia su tutto il golfo di Salerno. Sul lato sud est si può ammirare il castello Merola nel territorio di San Mango Piemonte, che faceva parte, assieme a quello di Terravecchia, Montecorvino, Olevano ed Acerno, di un sistema di fortificazioni di quello che un tempo fu il crocevia dell'Impero romano.
La fondazione dell’abbazia è avvolta nel mistero, la tradizione vuole che sia stato San Guglielmo da Vercelli nel XII sec. a volerne l’edificazione, molto probabilmente sul sito e sulle rovine di un tempio pagano, fatto testimoniato anche dalle colonne marmoree che si trovano all’interno della chiesa.

Purtroppo le notizie storiche al riguardo sono molto poche. Qui vogliamo riprodurre una parte della migliore descrizione che ne è stata fatta in un articolo di Don Michele Cioffi, edita nella pubblicazione accademica “Rassegna storica Salernitana”, Anno XXII, dicembre gennaio 1961. “E’ con doloroso, impotente stupore che chi ha il culto delle patrie memorie, dei tesori artistici, storici, culturali delle natie contrade, deve oggi constatare la completa rovina di una delle più caratteristiche costruzioni religiose dell’Agro Picentino: la vetustissima Abbazia di Tobenna, il cui Tempio, dedicato alla Vergine Maria, sorse, in epoca remotissima, sulle rocciose balze del monte Tobenna, tra le terre di Castiglione e di San Mango e fu faro di religiosità, di studio, di civiltà.
Non spetta a noi decantare la olimpica bellezza del sito in cui si armonizzano, in una impareggiabile fusione di luci e di tinte, il limpido azzurro del cielo e del mare del nostro «lunato golfo», il verde tenero, distensivo, dei castagneti e dei boschi, il grigio biancore delle balze scarnite e dei poggi rocciosi.

Qui trovò la sua Arcadia Iacopo Sannazaro che cantò il monte, la valle, i boschi, con accenti di profonda tenerezza: Est Picentinos inter pulcherrima montes Vallis . . . Quam super hinc coelo surgens Cerretia r u p e s Pendet: et huic nomen cerrea silva dedit Parte alia sacra respondent saxa Thebennae Quique rigens Merulae nomine gaudet apex; Et circum nigra late nemus occupat umbra Plurima qua riguis effluii unda jugis. E tanto amò questi siti da resistere agli inviti affettuosi del fraterno amico Pontano che in uno dei suoi Endecasillabi (I , XI) lo esortava ad abbandonare il suo romitaggio picentino: Quare o Moenalium nemus relinque Atque istas AmaryUidas, Tebennae cultrices g e lidae ............

A dare l ’addio una volta per tutte alle nebbie del monte Tobenna: Nìmboso et valeat Tebenna monte: Nè spetta a noi giudicare i pregi architettonici e artistici del tempio che, avrebbe ben potuto paragonarsi coi più noti Conventi della Costiera amalfitana per i molti elementi arabo normanni che si possono scorgere ancora fra le ultime rovine…..”.

Anche se veramente poche e frammentarie sono le informazioni in nostro possesso, noi consigliamo di raggiungere questo luogo e di ammirarne il fascino, il suo mistero e la grandiosità del panorama che vi si gode, supera ogni immaginazione.

 

Crediti: 
Descrizione: “L’Abbazia benedettina di Santa Maria a Tobenna in Comune di Castiglione del Genovesi” di Don Michele Cioffi, in “Rassegna storica Salernitana”, Anno XXII, dicembre gennaio 1961;

Foto: Esplorando la Campania

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Ràreca Aps 15/04/2022

Cristo deposto, il gioiello più prezioso del Duomo di Capua

Si presume che il vescovo Erveo diede istruzioni sull’edificazione della cripta, che nell’impianto originario poteva configurarsi come una basilichetta a cinque navate. Senza dubbio il Cristo deposto di Matteo Bottiglieri (1724) è l’opera monumentale maggiormente apprezzata. La scultura è posizionata all’interno di una cappella, più correttamente detta sacello, ridefinita nel corso del XIX secolo ad imitazione del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Edificata nella seconda metà del nono secolo, durante la dominazione longobarda, e ricostruita quasi interamente negli anni '50 del novecento in seguito al bombardamento alleato, la chiesa di Santa Maria Assunta è silenziosa testimone di oltre mille anni della nostra storia.

Il Duomo di Capua è uno scrigno di tesori: dall'altare riccamente decorato alla tela dell'Assunta del Solimena. 

Il capolavoro più grande, tuttavia, si trova in disparte, laddove sorgeva una cappella detta sacello: il Cristo deposto del Bottiglieri. Prima di andare all’analisi dell’opera, però, spendiamo qualche parola su un artista così poco conosciuto.

Matteo Bottiglieri nacque nel 1684 a Castiglione dei Genovesi, nel salernitano, ed ivi morì nel 1757. Fece parte del filone berniniano del barocco napoletano.

Oltre al Cristo deposto, di lui si ricordano il notevole contributo all’abbellimento della guglia dell’immacolata in Piazza del Gesù, a Spaccanapoli, la realizzazione del complesso scultoreo della samaritana, nel chiostro della chiesa di San Gregorio Armeno, e di diverse sculture per l’altare maggiore della chiesa di San Giuseppe Dei Ruffi.

Nel 1733 ha scolpito per il Duomo di Salerno tre opere, che si trovano tuttora sulla balaustra barocca che sovrasta il portico d'ingresso alla chiesa: statue di San Matteo e di due vescovi salernitani, ossia San Bonosio e San Grammazio.

Il Cristo deposto, risalente al 1724, è un’opera non solo di straordinaria bellezza, ma anche di grande significato emozionale.

Steso su un freddo basamento di marmo e malcoperto da un sudario, quello del Bottiglieri è un Gesù privo di lirismo, morto, che non ha più nulla da dire: non vi è dinamismo nel suo corpo, il viso si contrae in un’espressione che non è di dolore e neppure di pace, ben lontana dall’estatica sensazione dell’ascesa al cielo.

Eppure è un’opera che non lascia indifferenti, forse proprio per questo. Cristo manifesta in maniera essenziale il significato del proprio sacrificio: farsi uomo e dimostrare la vicinanza di suo Padre all’umanità.

La statua non sprigiona energia, ma lascia l’amaro in bocca di una tremenda disillusione: è questo il figlio di Dio? Costui è il Salvatore? E non riesce a fuggire la morte?

Non è così: l’umano dolore di Gesù servirà a rendere ancora più trionfale il proprio trionfo sulle forze del male. Il Cristo deposto del Bottiglieri è un pugno in faccia, ma che lascia intravedere un barlume o, perchè no, un oceano di speranza.

Se lo volessimo paragonare ad un’opera dello stesso tema, calzante sarebbe il parallelo con Il compianto sul Cristo morto del Mantegna, dove protagonista è un Gesù segnato, dai piedi sporchi.

Per quanto riguarda la tecnica, invece, la statua più indicata per un confronto è il Cristo Velato di Giuseppe Sammartino, risalente al 1753 e conservato nella Cappella San Severo, nel cuore di Napoli.

Probabilmente la scultura del Bottiglieri non raggiunge l’apoteosi tecnica dell’opera del Sammartino, ma forse ne ispira lo scalpello, offrendosi come modello per quanto riguardo la magistrale resa delle pieghe della sindone.

Riguardo l’impatto, invece, le due opere non potrebbero essere più diverse: da una parte il disincanto e la concretezza della morte di un uomo, dall’altra la miracolosa leggerezza di un velo che sembra trasparente, pronto per essere squarciato dall’immane ascesa di Cristo, pronto a ricongiungersi con il Padre e con la perfezione del cosmo. E forse la chiave di lettura di entrambe le statue risiede nella differente resa del sudario: da un lato una sindone posta alla rinfusa, a coprire lo scempio arrecato al corpo di un uomo buono, dall’altro un lenzuolo evanescente, effimero, proprio come la venuta di Gesù sulla terra, primo passo del grande progetto del Padre.

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Ràreca APS 01/08/2019

Premio d’Arte e Cultura “Città del Tubenna”

Premio d’Arte e Cultura “Città del Tubenna”

9 ago alle ore 19:00 – 10 ago alle ore 23:30
al Santuario del Monte Tubenna, Castiglione del Genovesi (SA)

PROGRAMMA

Sapori e Saperi delle nostre radici

Venerdì 09 agosto

Presentazione opere e autori
Radici di Comunità: Narratori itineranti a confronto
Balli e canti sotto le stelle con i “Vienteterra

Sabato 10 agosto

Premiazione opere e autori
Festival della felicità: Radici etiche e filosofiche per il buon vivere
Concerto ensemble vocale strumentale “salerno Classica” diretta dal Maestro Luciano D’Elia.

Durante i due giorni

Esposizione in Abbazia (sala foresteria)
Collettiva d’arte e fotografia

Degustazioni e buon cibo in Abbazia a cura dei partners:
Macelleria e Gastronomia da Gerry (Filetta)
UNALTROCAFFE’ (San Cipriano Picentino)
Antico Forno (San Cipriano Picentino)

Evento a cura del Comune di Castiglione del Genovesi e delle Pro Loco di San Mango, Castiglione del Genovesi e San Cipriano Picentino

Patrocinato dai Comuni di San Mango Piemonte e San Cipriano Picentino, Comunità Montana Monti Picentini e da Unpli Salerno e Consorzio Pro Loco Copis.

Promozione a cura di Ràreca

 

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